La IoT (Internet of Things) significa mettere intelligenza nelle cose. Sta diventando sempre più evidente che non esiste business che non possa trarre vantaggio dalle tecnologie più smart. La fotografia del mercato, le applicazioni in Italia e i nuovi trend 2021
Dal nostro partner ADV Digitale
Uno dei termini tra i più cool del momento quando si parla di innovazione, digital transformation e disruption, ma che cosa significa Internet of Things, spesso abbreviato in IOT? In sintesi, significa che qualsiasi oggetto può diventare connesso e comunicante, usando un insieme di tecnologie: l’identificazione univoca, la tecnologia wireless e un nuovo tipo di intelligenza software.
Il vero motivo per cui si chiama Internet of Things? Perché è il Web la piattaforma che funge da abilitatore, permettendo lo scambio dei dati e, dunque, delle informazioni tra un oggetto smart e un sistema di gestione smart.
Internet of Things o Intelligence of Things?
In realtà, il concetto fondamentale della IOT non è legato all’intelligenza delle cose quanto, piuttosto, all’intelligenza dei servizi, associati al potenziale di Internet e a un modello di sviluppo grazie al quale è possibile integrare praticamente a qualsiasi cosa una piccola componente tecnologica dotata di una capacità elaborativa tale da trasformare qualsiasi oggetto in un dispositivo comunicante senza usare cavi. È così che l’oggetto diventa smart, sfruttando l’innovazione digitale associata all’evoluzione mobile, al cloud, ma anche a nuove logiche collaborative che inaugurano un CRM di nuova generazione a livello di tutta la filiera.
Come premesso, infatti, la Internet of Things non è una tecnologia ma un insieme di tecnologie. Un oggetto diventa intelligente quando è dotato di un tag RFID, ovvero un chip che, grazie a una piccola antenna e a un po’ di memoria costruita nel silicio, viene letto da un dispositivo (fisso o mobile) mentre le informazioni gestite vengono elaborate da un software (middleware) che può essere integrato a qualsiasi sistema gestionale (ERP inclusi). Dietro tutta un’infrastruttura di connessioni costituita da sistemi di comunicazione caratterizzati da protocolli diversi a seconda del tipo di servizio attivato.
Il mercato IoT in Italia
Dopo una leggere flessione registrata durante il primo anno della pandemia, nel 2021 il mercato dell’IoT in Italia pare abbia ripreso tutto il suo vigore. Secondo l’ultima ricerca dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano, infatti, nel 2021 il mercato IoT ha registrato una crescita del 22% rispetto all’anno successivo raggiungendo il valore di 7,3 miliardi di euro al di sopra dei livelli pre-Covid (valeva 6,2 miliardi di euro nel 2019, e 6 miliardi nel 2020).
Ben 110 milioni sono oggi gli oggetti connessi attivi in Italia, poco più di 1,8 per abitante e a fine 2021 si contano 37 milioni di connessioni IoT cellulari (+9% rispetto al 2020) e 74 milioni di connessioni abilitate da altre tecnologie di comunicazione (+25%). Tra queste, una spinta significativa arriva dalle reti LPWA (Low Power Wide Area) che raddoppiano in un solo anno, passando da 1 a 2 milioni di connessioni.
Dal rapporto emerge come ben l’80% delle grandi aziende abbia attivato servizi a valore aggiunto basati sull’Internet of Things (+4% rispetto al 2020). Inoltre il 36% delle grandi imprese e il 40% delle PMI ha deciso di aumentare gli investimenti, mentre una percentuale più bassa, rispettivamente il 31% e il 23%, ha invece ridotto il budget destinato a questi progetti. Il fatto che sia maggiore il numero delle imprese che ha deciso di investire costituisce un segnale incoraggiante.
Rispetto al 2020 si registra anche una lieve riduzione del gap esistente tra grandi imprese e PMI in termini di conoscenza (-3%) e a un lieve aumento per quanto riguarda la diffusione dei progetti (+3%), segnali che evidenziano come le PMI non riescano ancora a dare una svolta decisiva verso l’innovazione in ottica 4.0.
Interessante infine notare le opportunità che si aprono al settore dell’IoT attraverso i fondi stanziati dal PNRR. Molti degli investimenti previsti all’interno del Piano – dalla Smart Factory alla Smart City, passando per lo Smart Building e l’Assisted Living – riguardano ambiti in cui l’Internet of Things può giocare un ruolo chiave, per 29,78 miliardi di euro di risorse complessive. Entrando nel dettaglio, di questi, 14 miliardi sono stanziati per ambiti che riguardano la Smart Factory, 4 miliardi per l’Assisted Living, in particolare per quanto riguarda la telemedicina. Il tema Smart City è toccato all’interno di varie Missioni, con 2,5 miliardi di euro in Rigenerazione Urbana (Missione 5), altri 2,5 miliardi per la Gestione del rischio di alluvione e del rischio idrogeologico (Missione 2).
900 milioni per una Rete idrica più digitale, con l’obiettivo di ridurre le perdite e ottimizzare i consumi. Anche l’ambito Smart Building è presente in maniera trasversale: i temi toccati sono l’efficienza energetica e la sostenibilità. E sempre all’interno di questo ambito rientra parte degli investimenti destinati alle Smart Grid: 3,6 miliardi per migliorare l’efficienza della rete e aumentarne la capacità, così da favorire, ad esempio, il passaggio a riscaldamento e raffrescamento con pompe di calore e, in generale, una migliore gestione della produzione distribuita di energia elettrica.
IOT, le applicazioni emergenti
I principali ambiti di applicazione dell’Internet of Things (sia per i consumatori finali che per l’industria) sono rappresentati dai contesti in cui sono presenti oggetti che possono dialogare tra loro generando informazioni utili. Ci sono per esempio la domotica e la Smart Home, gli edifici intelligenti (Smart Building), il monitoraggio in ambito industriale e la Robotica collaborativa; la self driving car nell’industria automobilistica; la Smart health in ambito sanitario; la Smart City e la Smart Mobility per la città del futuro più sostenibile; tutti gli ambiti della sorveglianza e della sicurezza; tutti gli ambiti della telemetria; lo Smart Agrifood con i sensori su campo e la Zootecnia con i wearable per animali.
A livello legislativo, il governo italiano ha approvato l’anno scorso il Piano Nazionale Transizione 4.0, il nuovo piano di politica industriale italiana che ha sostituito il precedente Industria 4.0, presentato nel settembre 2016 e diventato poi Impresa 4.0. Finanziato dalla Legge di Bilancio 2021 (L. 178/2020) con circa 24 miliardi di euro, di cui 750 milioni dal programma Next Generation EU, il Piano Nazionale Transizione 4.0 è biennale, 2021-2022, ma la decorrenza delle misure è stata anticipata al 16 novembre 2020, con consegna dei beni fino a giugno 2023 in caso di avvenuto versamento, entro il 2022, di almeno il 20% dell’importo. Il piano prevede la misura unica del credito di imposta per le imprese con aliquote che variano a seconda della categoria dei beni e dell’importo della spesa da compensare.
Il Piano include investimenti in beni materiali e immateriali non 4.0 e 4.0 e, tra questi ultimi, molti appartengono alla IOT. Per esempio, una specifica voce dell’allegato sull’acquisto di beni immateriali 4.0 è dedicata a software, sistemi, piattaforme e applicazioni in grado di comunicare dati e informazioni sia tra loro che con l’ambiente e gli attori circostanti grazie a una rete di sensori interconnessi (Industrial Internet of Things).
Quali sono le origini della IOT
Sono in pochi a conoscere la vera storia della Internet of Things. Un tempo, infatti, si chiamava semplicemente… tecnologia RFID. I prodromi? Risalgono all’avvento di una tecnologia associata all’identificazione univoca (Auto-ID) e, in particolare, all’uso di quella RadioFrequency IDentification nata in ambito militare durante la seconda guerra mondiale per aiutare gli eserciti a riconoscere in volo gli aerei amici da quelli nemici.
Dall’Identification of Things alla IOT, l’evoluzione tecnologica è costellata di tante tappe intermedie, legate allo sviluppo di una sensoristica diversificata e al progresso dei sistemi di codifica, di lettura e di trasporto delle informazioni attraverso quel wireless che solo con l’avvento del protocollo IP ha portato a una svolta che ha cambiato veramente le regole di ingaggio del business.
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